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La realtà, presa per intero, è come l'immagine su uno specchio che riflette tutto ciò che siamo. Uno specchio che tuttavia, senza un adeguato dispositivo di decodificazione, rimanda una percezione fin troppo dispersiva del mondo esterno. Ragionare sulla distanza è utile per avvicinarsi ad essa senza venirne sommersi, per riscoprire la bellezza nel quotidiano, per riconoscervi "il locus suscettibile di uno sviluppo", per capire cosa tralasciare. Questa ricerca si fonda quindi, sul tentativo di definire una distanza critica tra noi e le origini della nostra modernità e indaga come, in un periodo di transizione compreso tra '600 e '700 in Inghilterra e nelle Praying towns del Nuovo Mondo, si crearono le condizioni adatte per fecondare talune idee che, in filigrana, ci hanno consentito di scorgere le origini di una spazialità fluida, eccentrica, condizionata dal fattore economico e dal confronto con la natura, del tutto simile a quella attuale.